Le strategie di Europa e India per uscire dalla crisi dei semiconduttori

Crisi dei semiconduttori: strategia di Europa e India

La politica zero Covid del Governo cinese rischia di rallentare ulteriormente l’uscita dalla crisi dei semiconduttori. Le dure misure di contenimento imposte a Shanghai per frenare la ripresa dei contagi hanno provocato una coda infinita di navi in attesa di attraccare fuori dal porto. Lo scalo marittimo più trafficato del mondo è fortemente congestionato con la possibilità di innescare un nuovo shock a livello globale sul commercio via mare e sulle catene di approvvigionamento. Si stima che le navi portacontainer che attendono di caricare e scaricare le merci siano più di 500. Durante il lockdown del 2020, la coda delle imbarcazioni dentro e fuori il porto di Shanghai non era mai salita oltre le 200 unità. Il governo cinese inoltre sta allargando le misure di contenimento del Covid al resto della Cina, estendendole ad una cinquantina di città, compresa anche Pechino.

L’unica prospettiva attualmente praticabile, seppur piuttosto dispendiosa in termini di tempo e risorse, è la diversificazione delle fonti di approvvigionamento dei semiconduttori. In questo senso l’Europa e l’India si stanno muovendo. Intel ha scelto la Germania come sede per un nuovo enorme complesso per la produzione di chip, destinato a ridurre la dipendenza dalle importazioni e alleviare la crisi di approvvigionamento. L’annuncio di Intel arriva dopo che il mese scorso la Commissione Europea ha definito i piani per incoraggiare la produzione di semiconduttori in Europa. L’European Chips Act mobiliterà oltre 43 miliardi di euro per uscire da questa crisi.
La costruzione dell’impianto Intel per la produzione di chip dovrebbe iniziare nella prima metà del 2023 e la produzione entrerà in linea nel 2027. L’azienda prevede di investire anche in Francia, Irlanda, Italia, Polonia e Spagna, con l’obiettivo di creare un ecosistema europeo dei microchip. In particolare nel nostro Paese dovrebbe venire realizzato un impianto di assemblaggio e confezionamento di chip per un potenziale investimento fino a 4,5 miliardi di euro, che dovrebbe entrare in funzione tra il 2025 e il 2027.

Anche l’India intende giocare un ruolo da protagonista nella catena globale per l’approvvigionamento di chip. Il valore del mercato indiano di chip dovrebbe passare dai 15 miliardi di dollari del 2020 a 63 miliardi di dollari entro il 2026. Il governo indiano ha già stazionato un primo piano di incentivi da 10 miliardi di dollari e amplierà ulteriormente le agevolazioni economiche per le aziende che investiranno nella produzione di semiconduttori e display. La compagnia taiwanese Foxconn ha avviato la partnership con Vedanta, il principale produttore indiano di alluminio con interessi anche nell’industria petrolifera e nelle telecomunicazioni, per la costruzione di un impianto per la produzione di chip in India. Altri operatori del settore potrebbero presto seguire l’esempio. Da quando Pechino ha imposto rigide regolamentazioni per frenare il potere delle grandi aziende tecnologiche, molte di queste hanno deciso di spostarsi in India.

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