I semiconduttori sono un componente comune nei circuiti elettronici e sono presenti praticamente in ogni oggetto tecnologico. La mancanza di chip si ripercuote nelle filiere di tutte le aziende, causando un rallentamento della produzione. L’auspicio è che la scarsità di semiconduttori sul mercato possa essere arginata nel più breve tempo possibile, ma probabilmente le catene di rifornimento non riusciranno a riallinearsi alla domanda prima della seconda metà del 2022.
L’aumento dei consumi di elettronica durante la pandemia, la guerra commerciale tra Usa e Cina, il blocco del canale di Suez sono tra le cause che hanno determinato una carenza nelle forniture. Allo scoppiare della pandemia era pensiero comune delle aziende che la domanda sarebbe diminuita in modo significativo, si sono trovate, invece, a scontrarsi con l’effetto contrario. Flex, uno dei tre più importanti fornitori di chip a livello mondiale con oltre 100 impianti di produzione in 30 Paesi, prevede che la scarsità dei semiconduttori durerà almeno per altri 12 mesi. Secondo IBM potrebbe protrarsi fino al 2023.
Nel medio termine ci si aspetta che le catene di approvvigionamento si normalizzino. Perché questo avvenga sarà necessario un aumento delle capacità produttive dei semiconduttori a livello globale. La produzione dei moderni chip è un processo lento e complesso e le aziende in grado di realizzarli non sono molte. Gli stabilimenti produttivi sono già a pieno regime e per aumentare ulteriormente la produzione saranno necessari investimenti e tempo per allestire nuovi impianti. Tale situazione potrebbe portare anche a riconsiderare la posizione geografica degli stabilimenti di produzione dei semiconduttori, che al momento sono concentrati in Cina e in Asia orientale. I Governi si stanno dimostrando sempre più attenti a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, almeno per le filiere strategiche.
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